L’argomento, certamente attuale, è molto complesso e richiederebbe un approfondimento maggiore di quanto non si possa fare in questa sede.
Ci limiteremo, pertanto, a tratteggiare gli elementi fondamentali, in modo da fornire al lettore un quadro di riferimento per orientarsi e valutare le condotte altrui.
La diffamazione è una delle condotte, purtroppo, più frequenti on line, in ragione dell’enorme diffusione delle piattaforme social quali Facebook, Instagram, Whatsapp, che hanno consentito la creazione di community nelle quali si svolge, spesso, una vita sociale del tutto parallela a quella reale.
In questi contesti, di apparente libertà senza limiti, ove ogni tipo di contenuto può essere postato e immediatamente condivisio con un numero potenzialmente infinito di utenti, ci si sente spesso liberi di dire e fare ciò che più ci aggrada.
In parte anche a causa della convinzione - del tutto errata – di godere dell’anonimato, in ragione del mezzo utilizzato o della scelta di un nickname dietro al quale nascondere la propria identità reale.
Si tratta, appunto, di una illusione derivante, quasi sempre, da scarsa conoscenza del mezzo tecnico e del funzionamento stesso di Internet.
Il reato di diffamazione si trova disciplinato dall’art. 595 del nostro codice penale: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro “.
La diffamazione era stata posta immediatamente dopo l’ingiuria, disciplinata dall’art. 594 del Codice, ipotesi ora abrogata.
Tale scelta aveva una sua ragione di tipo logico sistematico: la differenza fra ingiuria e diffamazione risiede, infatti, nella circostanza che mentre l’ingiuria costituisce un’offesa rivolta e percepita direttamente dal destinatario (“sei un cretino”), la diffamazione è l’offesa alla reputazione di un soggetto diretta e percepita da altri (“Tizio è un cretino”).
La comunicazione deve avvenire con almeno due persone ed è essenziale, perché il reato possa sussistere, che queste abbiano effettiva percezione dei contenuti offensivi.
Nella diffamazione, ad essere colpita è la reputazione della persona, ovvero l’opinione e la considerazione che della medesima si ha in un determinato contesto sociale.
Limitandosi al mondo delle comunicazioni telematiche, caso tipico è quello dell’e-mail contenente dichiarazioni di natura oggettivamente offensiva (anche solo legate alla condotta lavorativa, per esempio) mandata, per conoscenza, ad un certo numero di colleghi.
Stesso discorso, evidentemente, si applica se la diffusione del messaggio offensivo dovesse avvenire attraverso un sistema di messaggistica quale Whatsapp, o Telegram o diversa piattaforma.
Non occorre che il messaggio offensivo sia costituito da una frase, poiché può trattarsi anche solo di un’immagine (un meme, ad esempio), un filmato, un audio, perfino un disegno.
Anche richiamare fatti di cronaca o processuali molto risalenti nel tempo può integrare l’ipotesi di diffamazione, laddove questo violi il cosiddetto “diritto all’oblio” garantito a tutti.
Il fatto, poi, che quanto si afferma nel messaggio diffamatorio possa corrispondere ad una circostanza vera non rappresenta una scusante, come ben chiarisce l’art. 596 del Codice, se non in alcune specifiche ipotesi.
Alcune circostanze comportano l’innalzamento dei limiti di pena, fra queste la cosiddetta “diffamazione col mezzo della stampa”:
Il comma 3 dell’art. 595 c.p. prevede infatti che: “Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro “.
Come si vede, l’aumento di pena non è di poco conto rispetto alla previsione di cui al primo comma.
La Girusprudenza, soprattutto per tramite delle diverse decisioni della Corte di Cassazione Penale, ha avuto modo di chiarire cosa si intenda per “mezzo della stampa” e per “altro mezzo di pubblicità” in relazione a ciò che può essere comunicato con il mezzo telematico.
Rientrano nelle ipotesi di questo articolo, innanzitutto, tutte le pubblicazioni che avvengono su una testata telematica, quale una rivista o un quotidiano on line, ma anche su di un blog.
Vi rientrano – e questo è particolarmente importante, riprendendo il discorso fatto all’inizio - anche le espressioni diffamatorie pubblicate su un forum on line, su Facebook, o su qualsiasi altra piattaforma telematica che consenta la visibilità del post ad un numero indeterminato di persone.
Tali ipotesi sono riconducibili alla previsione normativa "qualsiasi altro mezzo di pubblicità".
Ciò che, infatti, costituisce il presupposto per tale più grave forma di diffamazione è la potenzialità del mezzo usato di raggiungere un numero potenzialmente illimitato, o comunque alto, di persone.
Sempre la Corte di Cassazione ha inoltre chiarito che, nel caso di alcune piattaforme, quali ad esempio un quotidiano on line o una piattaforma social quale Facebook, non occorre la prova in concreto dell’effettiva percezione dell’affermazione diffamatoria da parte dei destinatari, in quanto, proprio per le caratteristiche intrinseche del mezzo usato, si considera “scontato” che dopo poco tempo dalla pubblicazione del contenuto questo sia stato diffuso e percepito da un numero elevato di persone.
Dunque, pubblicare un certo tipo di affermazione relativa ad una persona – purché questa sia identificabile dai destinatari della comunicazione – su una piattaforma on line, magari a seguito di una discussione o per spirito critico, può avere conseguenze particolarmente gravi.
Anche l’offesa ad un soggetto politico o ad una carica istituzionale, oggi tanto di moda, che travalichi i limiti del diritto di critica comunque garantito ad ognuno, può essere foriera di conseguenze non trascurabili.
Il legislatore, infatti, si è preoccupato, con l’ultimo comma dell’art. 595 c.p. di questo caso specifico: “Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate“.
Quando oggetto del contenuto diffamatorio è uno di questi soggetti, la pena già prevista per l’ipotesi di diffamazione col mezzo della stampa èulteriormente aumentata di un terzo.
Dunque, attenzione a cosa scriviamo on line.
Comments